L’indagine della realtà al fine di comprendere la vita nel suo insieme è un’opera universale che trascende ogni categoria di discussione e si declina secondo la sintassi che l’argomento impone.

Divideremo per semplicità il rapporto tra le specifiche del gioco in due categorie: estensiva; intensiva.

La categoria delle caratteristiche estensive comprende tutte quelle determinazioni che sono valutabili tramite un’analisi puramente quantitativa e che non hanno bisogno di essere rapportate ad altro. Citiamo, ad esempio, la propriocezione.

Le categorie intensive, di conseguenza, sono caratteristiche il cui fine ultimo è quello di parametrizzarle ad altre quantità per stabilire i rapporti di dipendenza e, quindi, di incisività. In questo caso prendiamo come esempio la quantità di uomini necessari in una certa regione di spazio per svolgere un mantenimento del possesso ottimale.

Introduzione

Il floorball nasce, in primo luogo, dall’esigenza dell’occupazione corretta degli spazi. Nel processo di rieducazione dall’hockey era necessario riprodurre con un buon grado di verosimiglianza la dinamica del gioco per intensità ed estensione.

Bisognava far sì che la somma delle verticalizzazioni, le percentuali dei tempi di gioco delle fasi di transizione e la dinamica delle gestioni del possesso nei vari punti del campo fosse sovrapponibile a quella preesistente e genitrice dell’hockey.

Entriamo allora nel dettaglio della corretta occupazione dello spazio da parte del singolo giocatore per giungere ad una visione più globale, partendo dall’intenzione di privarlo dello strumento tecnico del bastone per poi introdurlo con un minimo di pensiero algebrico.

Conoscere lo spazio: è necessaria la vista?

L’estremo dinamismo dell’azione richiama la sollecitazione costante dell’acuità visiva dinamica .

Il rapporto giocatore/sfondo è la prima relazione con la tridimensionalità del gioco. Data la facilità di intercetto, la valutazione in merito alle distanze è un’informazione indispensabile ed una discriminante fondamentale nella scelta del gesto tecnico da compiere, nonché è la prima lettura fondamentale a contestualizzare il giocatore in rapporto al gioco: dove sono? quali sono i miei obiettivi con questi spazi?

Una volta acquisita conoscenza circa la vista frontale interviene la necessità di estendere il compasso della conoscenza della situazione di gioco: posso saperne di più? A questo proposito interviene la consapevolezza spaziale indotta dalla vista periferica. Questa allarga l’angolo del nostro piano visivo e contribuisce alla valutazione istantanea del momento.

In ultima fase, interviene la memoria visiva. Questa è poi l’estremo tentativo di avere una consapevolezza spaziale sui 360° attorno alla nostra posizione e rappresenta il massimo processo di elaborazione visivo che l’atleta può operare nel tentativo di avere una panoramica completa.

Gli atleti migliori presentano molto spesso una mobilità oculare migliore. Questo a dimostrazione del fatto che, essendo il gioco del floorball una concatenazione causale di eventi che prende luogo dall’occupazione dello spazio e dallo stato di consapevolezza che se ne ha, non avere una conoscenza ottimale della situazione spaziale del gioco riduce di molto l’insieme delle potenzialità degli elementi successivi.

L’insieme di questi aspetti introdotti prevede, per ora una valutazione puramente quantitativa e non circostanziata. Stiamo quindi parlando di grandezze che possiamo considerare estensive.

Abilità oculo-manuale

Come influenza lo stato di conoscenza spaziale il mio primo gesto tecnico?

Lo prepara.

Avere consapevolezza dello spazio è avere lettura della situazione, nonché processare velocemente l’informazione circa ciò che è funzionale alla giocata che andiamo a cercare. Qui interviene il gesto tecnico della ricezione ed il concetto di controllo orientato, il quale è l’unica forma di controllo corretto della palla nel nostro sport. Preparare una ricezione che sia utile al controllo orientato è fondamentale ai fini di ridurre al minimo il tempo di gioco della palla e di massimizzare la presa degli spazi.

Inizia ad emergere la correlazione tra mobilità oculare, utilizzo dello strumento tecnico ed adeguamento spaziale del corpo. E’ bene allora introdurre il significato della propriocezione: è il senso di posizione e di movimento degli arti e del corpo che si ha indipendentemente dalla vista. Questa definizione sarà utile quando discuteremo lo stato di consapevolezza della propria mobilità fuori dal campo visivo (ad esempio, l’orientamento delle caviglie per preparare il gesto tecnico).

La linea evolutiva del rapporto occhio/gesto tecnico ha un arco temporale che parte dalla semplicità della riproduzione scolastica del gesto tecnico fino ad uno stato di estrema consapevolezza della funzionalità del mezzo tecnico a disposizione. Può essere estremamente sollecitata in caso di esercitazioni sotto stress, ad alta intensità e con aggressioni per il recupero della palla da parte degli avversari. In generale, per acquisire una sempre più completa mobilità dell’oggetto in funzione della vista si deve lavorare in situazioni no time/no space.

Il movimento come atteggiamento organico

Ecco che veniamo ora ad una prima e semplificata rappresentazione dell’atleta nella sua interezza.

In primo luogo, l’atleta interiorizza l’esperienza della profondità e dello spazio circostante. Analizza gli stati di pericolosità del gioco e si adatta a modelli preconfigurati o agisce in situazioni intermedie. Prepara il gesto tecnico utilizzando la propria abilità nel manovrare lo strumento tecnico e si preconfigura allo sviluppo del gioco nell’istante successivo. Per mezzo della conoscenza dell’occupazione degli spazi anche al di fuori del proprio campo visivo adegua il proprio corpo, contemporaneamente allo strumento tecnico, all’esecuzione che vuole ricercare.

E’ pronto al dialogo tecnico ed all’uscita dalla propria dimensione individuale.

Cos’è la comunicazione? Come interagisco nel campo?

Partendo dal presupposto che è la trasmissione di uno stato di informazione, la comunicazione tecnica è la capacità di rendere nota un’intenzione rispetto al gioco a tutti i membri della squadra che prendono parte allo sviluppo dell’azione.

Immaginiamo il gioco senza pallina e senza porte: cosa accadrebbe?

L’unica forma di dipendenza sarebbe rispetto al compagno di squadra senza che tuttavia vi sia una discriminante data dal mezzo attraverso il quale la comunicazione avviene (pallina) e senza che questa comunicazione sia orientata vettorialmente ad un sito di arrivo (porta).

Allora saremmo in uno stato di occupazione dello spazio non funzionale al controllo della palla, quindi statico, senza caratterizzazioni della stecca e degli arti a suggerire qualcosa che cerchiamo. Il nostro campo visivo sarebbe semplicemente diretto verso un baricentro determinato dalla distanza tra i cinque giocatori coinvolti.

L’introduzione del mezzo di trasmissione dell’informazione introduce la possibilità della trasmettibilità dell’informazione stessa. Nonché il giocatore si predispone a comunicare ed infine comunica.

Questa è una prima rottura dello stato di omogeneità delle caratteristiche dei giocatori in possesso.

Essendo la trasmissione della palla sottoposta a circostanze di distanze e tempi di gioco, è evidente la dipendenza del mezzo di trasmissione dell’informazione con i tempi della trasmettibilità dell’informazione, interdipendenti alle distanze.

Possiamo allora giungere alla conclusione che la determinazione degli aspetti oculo-manuali e spaziali sarà una conseguenza causale della relazione spazio/tempo che interconnette i giocatori tra loro e che rappresenta la reale possibilità del singolo giocatore di entrare in possesso della palla.

Vi è un rapporto di diretta proporzionalità tra la possibilità di ricevere la palla e la necessità di operare un linguaggio tecnico estremamente incisivo, al fine di non perdere il possesso. Abbiamo così introdotto anche la relazione intensiva che vi è tra lo spazio, il tempo e l’esecuzione di un qualunque gesto tecnico o movimento.

E la porta? come determina la direzione del gioco?

Senza le porte, in virtù della descrizione fenomenologica appena data del gioco del floorball, potremmo asserire che l’insieme dei movimenti adottati dai giocatori in funzione del possesso ricoprirebbe aree circolari.

La direzionalità introdotta dalle porte dilata l’area circolare delle zone di possesso lungo i poli orientati alle porte. Questo ci porta a dedurre che le porte da gioco fungono da fuochi di una regione determinata da due iperboli delle zone di possesso.

Tutto questo è perfettamente in linea con la gran parte delle prese dati in merito alle zone dove si sviluppa il gioco e alle zone dove avvengono la gran parte dei tiri oltre che la gran parte del possesso.

Pertanto, ancora, ogni giocatore subisce una forza di attrazione avente una proporzionalità diretta con la pallina e con la porta. Difatti, queste sono le uniche due componenti per cui spezza e riadatta costantemente il proprio rapporto spazio-oculare, come se la propria funzione fosse di orbitare attorno a questi.

Conclusioni

E’ quindi questa una prima introduzione che mira a stabilire in modo generico il processo causale che nel tempo stabilisce il rapporto del giocatore con se stesso e con lo spazio circostante, per poi giungere a delle conclusioni di massima circa il rapporto che questo ha con gli altri giocatori e di come, una volta inserita nel gioco la pallina e successivamente la porta, queste due componenti rompano l’omogeneità delle geometrie attribuendo anche stati di informazione qualitativi alle relazioni spazio-tempo utili alla comunicazione tecnica.

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“Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazione.”

~ Platone

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